Onorevoli Colleghi! - Da oltre dieci anni il rapporto tra giustizia e informazione non sembra rispondere a quella fisiologica esigenza di trasparenza dell'amministrazione della giustizia, che è propria di ogni democrazia.
      Troppo spesso, infatti, sui mezzi di informazione trova spazio una vera e propria «giustizia parallela» che finisce per avere il sopravvento su quella che si svolge nelle aule di giustizia secondo i dettami della legge. Così accade che, in palese violazione del principio costituzionale di presunzione d'innocenza e delle più elementari garanzie di difesa, persone indagate o non ancora sottoposte ad indagini siano «condannate» dai media senza alcuna possibilità di difesa.
      Assistiamo oramai quotidianamente alla pubblicazione, da parte degli organi di informazione, di notizie relative ad indagini penali coperte da segreto. Si tratta di un fenomeno reso ancora più grave dalla circostanza che alla sua base vi è necessariamente

 

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la violazione delle norme penali, sostanziali e processuali, che a tale segreto obbligano tutti coloro che conducono le indagini (magistratura e polizia giudiziaria) o che, per ragioni d'ufficio, ne sono a conoscenza (personale giudiziario amministrativo, avvocati eccetera). Dalla frequenza delle «anticipazioni» giornalistiche degli atti di indagine non si può che desumere che tra organi istituzionali e organi di informazione vi sia un flusso sotterraneo di informazioni che, quando riemerge sulle pagine dei giornali come un sorta di fiume carsico, travolge irrimediabilmente i soggetti coinvolti e, conseguentemente, le loro famiglie.
      In uno Stato democratico, ispirato a princìpi liberali, non è assolutamente tollerabile che colui che si trova, per qualsiasi ragione, ad essere inquisito dall'autorità giudiziaria sia raffigurato dai media come colpevole delle ipotesi accusatorie delle quali è (o sarà) oggetto. In tal modo, sulle pagine dei giornali si anticipa una sentenza di condanna senza tenere conto, non soltanto che il giudizio potrebbe concludersi con l'assoluzione, ma anche che l'ipotesi accusatoria si potrebbe non tradurre in un rinvio a giudizio. Sulla stampa, invece, si esprimono apprezzamenti negativi sulla condotta delle persone inquisite e valutazioni sulle prove raccolte (anzi, spesso si tratta di meri elementi indiziari) e su tutto ciò su cui è chiamato a pronunciarsi il magistrato. Naturalmente questo avviene senza lasciare alcuno spazio al contraddittorio. Tollerare tale fenomeno significa consentire che la pena «legale», irrogata al termine di un giudizio ispirato al principio del giusto processo, possa essere illecitamente affiancata da una pena «giornalistica» irrogata senza alcuna garanzia da parte dei media, che travolge, il più delle volte irrimediabilmente, l'onore di persone che poi potrebbero risultare, come spesso accade, innocenti.
      La vastità e la gravità del fenomeno impongono al Parlamento di verificare le cause delle fughe di notizie da parte degli organi che conducono le indagini e, quindi, dalle procure.
      Per porre rimedio al grave fenomeno della pubblicazione di notizie coperte da segreto, relative a procedimenti penali, occorre verificarne la portata, studiandone le cause e prospettando delle soluzioni. Si tratta di un compito estremamente delicato, che la presente proposta di legge intende affidare ad una Commissione di inchiesta bicamerale. Si tratta di un compito delicato in quanto, secondo i princìpi costituzionali che reggono il nostro ordinamento, occorrerà trovare un punto di equilibrio tra interessi che apparentemente sembrano essere tra loro in contrasto: il diritto alla riservatezza delle persone indagate e dei loro familiari, il diritto all'informazione della società e l'interesse al buon andamento delle indagini e, in generale, dell'amministrazione della giustizia.
      La Commissione, alla quale sono attribuiti gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria, deve verificare, tra l'altro, le modalità attraverso le quali le notizie coperte dal segreto sono rese note agli organi di informazione. In sostanza, spetterà alla Commissione di portare alla luce quel flusso sotterraneo di notizie che, data la vastità del fenomeno della divulgazione di notizie coperte da segreto, sembra collegare le procure agli organi di informazione. La Commissione è costituita per la durata della XV legislatura, riferisce annualmente al Parlamento e comunque al termine dei lavori presenta una relazione conclusiva.
      La proposta di legge si compone di sette articoli. L'articolo 1 individua i compiti della Commissione. In particolare, al comma 1, lettere da a) a d), enuncia le verifiche da effettuare al fine di individuare le cause, le modalità e i caratteri del fenomeno della divulgazione di notizie e, nell'ambito degli organi giudiziari (magistrati, polizia giudiziaria, personale giudiziario amministrativo, avvocati), i soggetti responsabili di questa opera di divulgazione ai mezzi d'informazione.
      I restanti articoli da 2 a 6 disciplinano il funzionamento della Commissione ed infine l'articolo 7 dispone l'entrata in vigore della legge.
 

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